CONTROLLO OSSESSIVO

Chi soffre di Disturbo Ossessivo tenta costantemente di avere tutto sotto controllo.

La persona tenta di controllare anche ciò che è al di fuori della portata di chiunque: pianificare tutto cercando di anticipare gli eventi futuri, in modo da controllarli e gestirli; comportarsi nello stesso modo in ogni ambito della vita professionale e personale; tenere sotto controllo anche il partner e i figli.

Ma l’eccesso di controllo conduce inesorabilmente alla perdita di controllo. Sono proprio gli sforzi in questa direzione che mandano la persona in crisi quando si scontra con qualcosa su cui non può esercitare la propria volontà.

Disturbo ossessivo: controllo di pensieri e immagini

Le persone per tenere a bada i pensieri cercano di controllare ogni cosa, fino a perdere il controllo di tutto. Cercano di cacciare via i pensieri, li combattono, cercano di distrarsi e pensare ad altro o di parlare del proprio problema con parenti e conoscenti che, pensando che il modo migliore per aiutare sia ascoltare, sono pronti a rassicurarli e a tentare di proteggerli.

I tipi di controllo possono essere riferiti a:

  • a sé (pensieri, emozioni, sensazioni)
  • agli altri (relazione)
  • al mondo (società, politica, ideologia, fede, credenze sociali)

Spesso il bisogno di controllo è così grande che vorrebbero cambiare gli altri e farli a loro immagine e somiglianza.

Come accade con i rivoluzionari (controllo sugli altri), i conformisti (controllo su di sé), i politici fanatici (controllo sul mondo), gli intolleranti (controllo sulle credenze sociali), i moralisti (controllo sulle sulla fede) e gli idealisti (controllo sulle ideologie).

Le immagini mentali, come le bestemmie o le frasi blasfeme, sono chiodi fissi, immagini ossessive che perseguitano e si propongono alla mente in maniera intrusiva.

Un altro aspetto tipico degli ossessivi puri è l’“impulso aggressivo”. Per “impulsi” aggressivi non intendo atti aggressivi, piuttosto sono dei pensieri e delle voglie irrefrenabili di:

  • Insultare le persone,
  • Uccidere i propri figli,
  • Compiere atti che nuocciano gli altri come provocare un incidente,
  • Buttare una sigaretta in un luogo facilmente infiammabile,
  • Bestemmiare in chiesa,
  • Bubare la pistola ad un poliziotto e iniziare a sparare all’impazzata.

Da questi impulsi scaturiscono dei sensi di colpa che convergono in misure precauzionali prese in virtù del dubbio di poter compiere questi orribili atti o di averli commessi involontariamente. Quando emergono questi dubbi si ricorre spesso a rituali di controllo o a richieste di rassicurazioni che trasformano il disturbo ossessivo puro in ossessivo-compulsivo.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra

DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO (DOC)

Il DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO (DOC) è caratterizzato da ossessioni (ossia pensieri o immagini spiacevoli, ricorrenti, persistenti, non voluti, intrusivi, incalzanti) e da compulsioni, (comportamenti ripetitivi o azioni mentali) che i pazienti si sentono spinti a compiere per cercare di diminuire l’ansia che provocano tali ossessioni.

Manifestazioni del problema:

Il tema dominante dei pensieri ossessivi può essere:

  • un danno,
  • un rischio per sé o per gli altri,
  • un pericolo, una contaminazione,
  • un dubbio,
  • una perdita
  • un’aggressione.

Per esempio:
I pazienti che soffrono del DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO (DOC), possono essere ossessionati dall’idea di essere contaminati da sporcizia o germi a meno che non si lavino le mani continuamente.

Le compulsioni (spesso chiamate rituali) sono comportamenti eccessivi, ripetitivi, intenzionali che i soggetti affetti sentono di dover fare per prevenire o ridurre l’ansia causata dai loro pensieri ossessivi o per neutralizzare le loro ossessioni.

Alcuni esempi sono: il lavaggio (delle mani, doccia), il controllo (ad es., che la stufa sia spenta, che le porte siano chiuse), il conteggio (ad es., ripetendo un comportamento un certo numero di volte), l’ordinazione (ad es., delle stoviglie in uno schema specifico).

La maggior parte dei rituali è osservabile, ma alcuni rituali mentali, come il conteggio ripetuto silenzioso o le frasi biascicate, non lo sono.

In genere, i rituali compulsivi devono essere eseguiti in modo preciso in base a regole rigide. I rituali possono o meno essere collegati realisticamente all’evento temuto.

In tutti i casi, nelle persone che soffrono del DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO (DOC), le ossessioni e le compulsioni per essere ritenute tali devono richiedere tempo o causare disagio significativo o danneggiare chi ne è affetto; nei casi estremi, ossessioni e compulsioni possono essere invalidanti.

La maggior parte delle persone con disturbo ossessivo-compulsivo riconosce in una certa misura che le credenze alla base delle loro ossessioni non sono realistiche; tuttavia, a volte, esse sono convinte che le credenze siano vere e che le loro compulsioni siano ragionevoli.

I soggetti affetti da questo disturbo spesso tentano di nascondere le loro ossessioni e i loro rituali, ma le loro relazioni possono essere interrotte e le loro prestazioni a scuola o sul lavoro possono subire un calo.

Molte persone con disturbo ossessivo-compulsivo presentano coesistenti disturbi psicologici, tra cui disturbi d’ansia e disturbi depressivi.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra

DUBBIO PATOLOGICO

 Che cos’è il DUBBIO PATOLOGICO:

Il dubitare è un atteggiamento insito nella natura umana, così come il tentativo di trovare una soluzione razionale ad esso.

Il dubbio diventa patologico quando anziché portare ad una risposta non fa altro che generare nuove domande, nuove ragioni per continuare ad essere nel dubbio, per rimuginare, finché chi ne è affetto si trova bloccato in un labirinto, avvolto da una spirale, paralizzato dalla paura di fare o di avere fatto una scelta sbagliata.

Ogni tentativo di risolvere i dilemmi razionalmente o con il buon senso, genera a sua volta una nuova serie di dubbi.
Questo perché non è possibile rispondere razionalmente a una domanda irrazionale, e lo è ancor meno tentare di tenere sotto controllo le proprie emozioni e i propri pensieri irragionevoli ovvero “pensare di non pensare”.

Il vero problema non è tanto il dubbio, quanto i tentativi messi in atto per risolverlo.

Le persone che sono affette da questo disturbo vivono un’esistenza bloccata e spesso chiedono aiuto e consigli a familiari e amici, ma invano.

Nelle sue forme più gravi il dubbio patologico è un disturbo ossessivo estremamente invalidante.

Quando però non si riesce a venirne a capo in un tempo ragionevole e non si riesce a prendere una decisione o a dare una risposta ad una domanda che ci assilla su noi stessi, sugli altri o sul mondo,  quando il pensare all’argomento ed il cercare la risposta diventa onnipresente e ci fa vivere in costante angoscia, siamo in presenza di un dubbio patologico.

Manifestazioni Disturbo:

Alcune domande si insinuano e si stabilizzano nella mente come un virus, conducendo ad uno stato di angoscia costante con picchi di ansia elevata.

Il soggetto cerca con infinite e sottili argomentazioni di trovare la risposta alla domanda che lo assilla. Non appena ha trovato una risposta, subito nella sua mente una argomentazione contraria è pronta a confutare la conclusione appena raggiunta, in un circolo vizioso senza fine fra contrapposte argomentazioni che si inseguono e si scontrano incessantemente.

Le domande che più di tutte possono sfociare in dubbio ossessivo sono quelle connesse a implicazioni decisive per il proprio futuro e la propria identità.
Una scelta professionale, un rapporto sentimentale, l’identità sessuale, per citare le più frequenti, ma ve ne sono anche altre che appaiono più stravaganti ed originali.

L’emozione che accomuna tutte le domande e i dubbi conseguenti è la Paura di:

  • fare la scelta sbagliata,
  • non essere psicologicamente sani,
  • di aver commesso qualche fondamentale errore nel passato.

Tutte condizioni che, nella percezione che ne ha il soggetto, possono influenzare irrimediabilmente tutta la vita e la possibilità di felicità presente e futura.

Le attività della vita quotidiana, il tono dell’umore e la qualità delle relazioni finiscono per essere costantemente condizionate dall’angoscia della riflessione sul dubbio irrisolto.

Tale processo però è destinato a non avere fine, perché per ogni ragionamento che sembra condurre ad una definitiva rassicurazione, una nuova obiezione è pronta ad insinuarsi nella mente, per confutare le precedenti conclusioni.

Nel dubbio patologico il ragionamento non aiuta a trovare la soluzione, quanto piuttosto, la allontana sempre di più. A volte si comincia a parlarne anche con altri, in estenuanti tentativi di cercare insieme di venire a capo del dilemma, ma questo non fa che peggiorare la situazione.

Il problema non è rappresentato dal contenuto del dubbio e quindi dalla risposta alla domanda.

Il problema giace tutto intero nell’attività della costante ricerca della risposta.

La soluzione non è riflettere e ragionare di più, ma all’opposto smettere di pensare e ragionare sul problema. La risposta al dubbio, nella sua forma patologica, non si trova nei complessi ragionamenti, ma appare al contrario proprio quando si smette la ricerca della risposta stessa.

E’ come muovere continuamente l’acqua per cercare un anello caduto sul fondo di uno stagno; più si agita l’acqua e più la sabbia dal fondo sale in superficie impedendoci la vista. Solo fermandoci e attendendo che la sabbia si depositi, apparirà l’anello ben chiaro sul fondo.
Si trova smettendo di cercare.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra