DEPRESSIONE

Il termine depressione è sicuramente il più usato e abusato degli ultimi vent’anni, poiché attraverso di esso si indica una serie di differenti stati dell’umore di una persona.Nel Novecento venne definita come il “male oscuro”, è probabilmente la più discussa tra le patologie psichiche.

La depressione è una sensazione di tristezza così intensa da compromettere le normali attività di una persona e/o il suo interesse o piacere per le attività. Può essere dovuta a una perdita o a un altro evento drammatico ma è una reazione eccessiva rispetto all’evento scatenante, che dura più tempo del normale.

Sintomi della Depressione:

La persona nel momento in cui si trovi ad affrontare una situazione particolarmente stressante e dolorosa reagisca manifestando sintomi quali:

  • mancanza di sonno, di appetito, di attenzione
  • apatia (non avere voglia di fare niente)
  • ritiro dalla vita sociale
  • incapacità di provare piacere

Questi sintomi sono naturali reazioni a eventi e situazioni problematiche. Spesso la medicina, volta a voler inibire qualsiasi forma di sofferenza, trascura che essa è parte integrante della nostra natura.

La DEPRESSIONE alcune volte può essere conseguente ad un evento traumatico (per esempio ad un lutto o ad una separazione o ad un altro tipo di patologia).

È facile che la persona affetta, ad esempio, da un disturbo da attacchi di panico molto invalidante possa arrivare a sviluppare un senso di difficoltà e di incapacità tali da assumere le forme di una vera e propria depressione grave; d’altro canto l’incapacità a costruire delle buone relazioni interpersonali, a interagire adeguatamente con l’ambiente esterno porta inevitabilmente a chiudersi.

Ci si isola rinunciando alla vita sociale perché percepita come un sistematico fallimento.

Come si manifesta la depressione?

Ad un certo punto, succede qualcosa che mai ci si sarebbe aspettato. Di conseguenza questo qualcosa viene vissuto come irrimediabile e catastrofico.

Nel caso di un tradimento di un amico o un insuccesso lavorativo. Si possono costituire delle circostanze intollerabili là dove esista, da una parte, la rigida illusione dell’amicizia come eterna fedeltà e, dall’altra, l’assoluta convinzione di non poter sbagliare mai. Ciò genera un senso di avvilimento. Non riusciamo più a ricostruire una nuova più adeguata modalità di leggere la realtà. Questo ci getta nell’abisso più profondo. Ci percepiamo vittime di un mondo ingrato, crudele e di una realtà immodificabile.

Lungo il sentiero della vita, ognuno di noi costruisce, sulla base di esperienze personali, credenze attraverso le quali interpretare gli avvenimenti esterni ed agire.

Vediamo nello specifico quali sono gli atteggiamenti che caratterizzano lo stato depressivo:

  • la rinuncia. Quando qualcosa ci colpisce e ci ferisce, ponendoci di fronte alla realtà di non poterci fare nulla, è facile gettare le armi. Se il nemico è troppo forte, arrendersi sembra la soluzione più ovvia. L’attenzione è rivolta solo a ciò che non va. Ed è una profezia che inevitabilmente si avvera. Rinunciare diventa allora la prova concreta dell’impotenza. Il problema è che spesso per una battaglia persa decidiamo di rinunciare a tutta la guerra. Oppure, quando in quella guerra è stata sancita la nostra sconfitta, ci arrendiamo alla vita intera.
  •  la delega delle responsabilità ad altri, il far fare agli altri. Ovvio che gli altri, dato che ci vogliono bene, sono pronti a fare per noi anche le piccole cose. Ma ogni qual volta si sostituiscono a noi è come se ci confermassero che noi non siamo in grado. Ciò non fa altro che consolidare la credenza di essere incapaci, alimentando uno stato di frustrazione e depressione.
  • il vittimismo, ossia il lamentarsi con tutti coloro che ci stanno intorno. Uno degli scopi della lamentela è quello di avvicinare le cure e le attenzioni degli altri. Ma c’è un limite di sopportazione. Non possiamo pretendere che ascoltino le nostre lamentele per lungo tempo: alzeranno delle difese protettive. E più forte strilleremo, più alte si faranno le loro difese. E noi ci sentiremo ancora più soli e incapaci.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra